Stato dell'arte e casi clinici trattabili

Lo sviluppo di protesi visive per sostituire la retina degenerata con fotorilevatori è stato affrontato da diversi progetti negli ultimi 20 anni seguendo strade diverse sia nella tipologia di fotorilevatori, sia nella loro posizione e nell'interfaccia con il tessuto biologico. I diversi progetti sono classificati secondo la posizione dell'interfaccia elettrico-biologica nell'occhio:

epiretinale: sopra lo strato più interno della retina

• sottoretinica: tra la retina e la coroide

• sopracoroidale: tra la coroide e la sclera

Impianti epi-retinici

Una protesi epiretinica viene posizionata sullo strato più interno della retina e stimola direttamente lo strato di cellule gangliari.

L'approccio epiretinico prevede l'uso di una telecamera esterna montata su un paio di occhiali per registrare e digitalizzare l'immagine che viene digitalizzata, elaborata e trasmessa via radio a un chip sulla superficie anteriore della retina che viene stimolata tramite un array di microelettrodi. che comunica direttamente con le cellule gangliari, connesse direttamente al nervo ottico.

Principali risultati e progetti:

ARGUS : si tratta di un progetto già in fase commerciale con oltre 250 impianti installati.

IMI-IRIS - EPI-RET3

Impianti sopra coroidali

Sebbene gli elettrodi situati tra la coroide e la sclera siano distanti dai neuroni retinici interni, questa posizione offre un approccio chirurgico semplice e sicuro e una posizione meccanicamente stabile che evita la dissezione di diversi strati dell'occhio durante il posizionamento degli elettrodi.

Una limitazione di questo approccio è la necessità di uno stimolo elettrico maggiore a causa della maggiore distanza tra gli elettrodi e la retina.

Principali risultati e progetti:

STS

Bionic Vision Australia

Altri approcci emergenti

Impianti organici

Un'altra possibilità è l'uso di sensori fotosensibili basati su semiconduttori organici, polimeri coniugati (PC) intrinsicamente biocompatibili che non richiedono alimentazione e sono facilmente adattabili alla forma sferica del bulbo oculare.

Questo approccio ha già portato a un parziale recupero di funzioni visive nei topi anche se c'è una deterioramento del materiale col tempo.


Nanoparticelle

Un altro approccio promettente è basato sull'uso di nanoparticelle basate su polimeri coniugati fotosensibili. Queste sono iniettate nel volume sottretinale dove, stimolati dalla luce, stimolano i neuroni della retina ripristano parzialmente funzioni visive nei topi . Questo avviene senza stress meccanico sulla retina e fornisce una elevata risoluzione spaziale.